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Qual è la velocità massima in Formula 1? I record che hanno fatto la storia

La velocità massima in Formula 1: un’analisi dei limiti superati, tra record ufficiali, prototipi visionari e tentativi estremi, reali e virtuali.
La velocità massima in Formula 1

La Formula 1 è lo sport che da sempre è considerato il più veloce al mondo. Nata ufficialmente nel 1950, la classe regina del motorsport ha visto trionfare innumerevoli campioni, ma anche un grandissimo progresso tecnico.

Le monoposto più costose e veloci del globo hanno visto uno sviluppo molto elevato, arrivando a raggiungere la velocità massima in Formula 1 nel 2016, tanto è vero che tra i motivi che hanno spinto la FIA stessa a scrivere nuovi regolamenti è proprio l’obiettivo di rendere le vetture più sicure e meno veloci.

Quando si parla di “velocità” in Formula 1 bisogna però fare delle precisazioni. La classe regina, infatti, è famosa per avere le vetture mediamente più veloci, ma cosa significa?

Le monoposto che vediamo la domenica sfrecciare in giro per il mondo sono infatti il risultato di un compromesso tra velocità sul dritto e in curva.

Per essere performanti in curva, infatti, è necessaria una struttura aerodinamica particolare, frutto di numerosi studi, che limita in parte la velocità massima sul rettilineo.

Tanto è vero che le Indycar, nonostante siano molto più lente su un circuito tortuoso e pieno di curve, possono raggiungere velocità che oscillano tra i 380 km/h e i 390 km/h, con il record assoluto che appartiene a Conor Daly, il quale, in una sessione di prova alla Indianapolis Motor Speedway nel 2022, ha raggiunto una velocità massima stimata di 243,734 mph (circa 392 km/h).

La velocità massima in Formula 1
Juan Pablo Montoya, vincitore del Gran Premio d’Italia 2005 – La velocità massima in Formula 1

Perché non è semplice determinare la velocità massima in Formula 1?

Con le tecnologie di cui disponiamo al giorno d’oggi, può apparire semplice misurare la velocità massima in Formula 1; tuttavia, non è così.

Ogni team ha i propri dispositivi sulla monoposto che permettono di ottenere stime quasi perfette, ma affinché una data velocità venga misurata nel modo corretto, è necessario un dispositivo di rilevamento apposito.

Questi dispositivi, tuttavia, non sono posizionati in tutto il circuito e, a volte, nemmeno nei punti in cui le vetture raggiungono le velocità più elevate. Mostrano dunque solamente la velocità in quel punto, e non la più alta raggiunta.

Il record ufficiale appartiene a Juan Pablo Montoya, durante il Gran Premio d’Italia a Monza il 4 settembre 2005, al volante della McLaren MP4‑20.

Il pilota colombiano è stato infatti cronometrato alla velocità di 372,6 km/h, stabilendo il record di velocità massima in Formula 1 registrato durante un weekend di gara.

Tuttavia, nelle prove libere del Gran Premio di Baku del 2016, la Williams sostiene che il proprio pilota, Valtteri Bottas, raggiunse l’incredibile velocità di 378 km/h.

Il circuito dell’Azerbaigian possiede infatti un rettilineo molto lungo dove, con il giusto assetto aerodinamico, il DRS, la scia e le condizioni migliori, le monoposto di Formula 1 possono raggiungere velocità incredibili.

In quell’occasione, Valtteri Bottas raggiunse una velocità di 378 km/h con la Williams FW38. Tuttavia, il dato fu registrato dalla Williams stessa, per questo non è considerato pienamente ratificato come record ufficiale.

In quell’occasione, infatti, il rilevatore della velocità era posto qualche metro prima rispetto al punto in cui le vetture sfrecciano più velocemente, non permettendo dunque a Bottas di ottenere il primato. Nonostante ciò, quello è il dato più alto registrato in una sessione ufficiale.

La velocità raggiunta da Valtteri Bottas stupì tutti, tra cui anche lo stesso architetto Hermann Tilke, impegnato nella costruzione del circuito:

“Molti team dicevano che sarebbe stata intorno a 345 o 350 km/h (la velocità massima, n.d.r.), ma alla fine è stata più elevata. Penso che sia un record per la Formula 1.”

La velocità massima in Formula 1
Circuito di Baku, Azerbaijan, in viola il punto dove viene misurata la velocità delle monoposto

Max Verstappen e i record a Monza

Il pilota olandese è già considerato da molti al pari delle leggende della Formula 1, e nel Gran Premio di Monza del 2025 lo ha dimostrato ancora una volta.

In una stagione in cui la McLaren si è rivelata la monoposto più veloce e competitiva, Max Verstappen è riuscito a batterla e a vincere per ben tre volte.

L’ultima di queste vittorie, a Monza, è particolarmente speciale: l’olandese ha infatti chiuso con il maggior distacco dal secondo in questa stagione, ben 19.207 secondi su Lando Norris.

Ma nel corso del weekend brianzolo, Verstappen non si è limitato a ciò, conquistando la Pole Position con un tempo di 1’18″792, nuovo record assoluto del circuito brianzolo.

Il quattro volte campione del mondo ha inoltre completato il giro con una velocità media di 264,682 km/h, che gli è valsa anche il primato per la velocità media più alta mai fatta registrare in qualifica.

Il nativo di Hasselt però non si è limitato a una prestazione eccezionale in qualifica: anche in gara ha scritto la storia. Oltre ad aver tagliato per primo il traguardo, ha completato i 53 giri in 1h 13m 24.325s, rendendo il Gran Premio di Monza 2025 la corsa più breve della storia della Formula 1.

Inoltre, Verstappen ha stabilito anche la velocità media più alta di sempre in una gara di Formula 1, concludendo il GP a 250,706 km/h. Un altro record che conferma, ancora una volta, il suo straordinario talento.

La velocità nascosta delle Formula 1

Come dicevamo in precedenza, la velocità massima della Formula 1 è condizionata da diversi fattori che riguardano soprattutto i limiti imposti dalla FIA e la ricerca del compromesso migliore.

Nonostante ciò, in sessioni non ufficiali diversi team hanno provato a portare al limite le proprie monoposto, superando così le velocità più alte mai registrate.

Nel 2006, infatti, alla Bonneville Salt Flats, una BAR‑Honda RA106 fu modificata per massimizzare la velocità. Ad esempio, fu montato un motore V10 non limitato dalle regole in vigore in quegli anni e l’ala posteriore fu rimossa e ridisegnata per far posto alla pinna stabilizzatrice.

Con delle gomme speciali e adatte al terreno, il pilota Alan van der Merwe sviluppò sul lago salato di Bonneville una velocità pari a 397,36 km/h.

Questo non è considerabile un record ufficiale della Formula 1, ma è stato omologato secondo le regole FIA per test specifici e rimane la velocità massima mai registrata con una vettura di Formula 1.

Come viene misurata la velocità massima in Formula 1?

Abbiamo visto che sono molti i fattori che influenzano quella che è effettivamente la velocità registrata, ma vediamoli nel dettaglio.

Innanzitutto, la velocità massima è la punta di velocità più alta raggiunta da una monoposto durante un giro di pista, rilevata nei tratti rettilinei tramite speed trap poste nei rettilinei finali oppure dai dati raccolti via telemetria, GPS e strumenti FIA ufficiali.

La velocità può essere influenzata dalla configurazione aerodinamica, perché ali più “scariche” permettono una minore resistenza all’avanzamento e quindi più velocità.

Il fatto che le velocità più alte mai registrate siano state fatte su circuiti specifici è un altro esempio di quanto questo dato sia variabile. Lunghi rettilinei come Baku, Monza e Città del Messico favoriscono infatti velocità elevate perché c’è un maggior tempo di percorrenza.

Nelle prove libere, o almeno nelle prime sessioni, i team spesso cercano di conservare il più possibile la vettura, che porta a una minor potenza e recupero ibrido con l’MGU-K e l’MGU-H, che possono influire molto. Nelle sessioni di qualifica o gara vediamo infatti velocità molto più elevate.

Un altro elemento di vitale importanza è il sistema DRS, che può far guadagnare anche 10–15 km/h nei rettilinei abilitati.

Le condizioni ambientali svolgono poi un ruolo molto importante. Ad esempio, il circuito in Messico ha un rettilineo molto lungo che aiuta a raggiungere velocità maggiori, ma non solo.

Città del Messico si trova infatti a un livello sopra il mare molto elevato. Ciò porta ad avere aria meno densa, quindi meno resistenza e più velocità. Anche il vento favorevole, la temperatura e l’umidità possono giocare un ruolo importante.

In qualifica, dove vediamo spesso velocità più elevate, le monoposto hanno un carico di carburante minore, avendo dunque un’auto più leggera e quindi una maggiore velocità possibile. Anche le gomme sono fondamentali: se nuove, infatti, aumentano la trazione e l’accelerazione.

Un altro elemento di fondamentale importanza è la scia. Questo fenomeno si verifica quando si segue un’altra vettura abbastanza da vicino su un rettilineo, in quanto ciò riduce la resistenza all’avanzamento e consente picchi di velocità più alti.

In Formula 1 bisogna comunque tenere bene a mente che la velocità massima non vuol dire sempre una miglior prestazione. Perché le auto più veloci in rettilineo non sono necessariamente le più competitive: un assetto da “bassa resistenza” può infatti penalizzare in curva e sul giro complessivo.

Cos'è il DRS
Che cos’è il DRS? Il sistema che ha cambiato la Formula 1 moderna

L’evoluzione della velocità massima in Formula 1

Può sembrare quasi assurdo, ma tra il ’70 e il ’90 le Formula 1 potevano raggiungere velocità tra i 340 km/h e 350 km/h nelle condizioni giuste, velocità dunque meno elevate, ma molto vicine a quelle dei giorni nostri.

Ma allora com’è possibile che oggi i tempi sul giro siano molto più alti?

Il segreto di quelle monoposto, spesso definite come “bare su quattro ruote” per la loro pericolosità, era il motore.

La velocità massima in Formula 1 non dipendeva solo dall’aerodinamica, ma anche dalla potenza “brutale” dei motori, spesso portati oltre i limiti della meccanica.

Uno degli esempi più eclatanti, negli anni ’70 e fino alla prima metà degli anni ’80, fu la Ferrari. Il team di Maranello utilizzò il famoso motore boxer V12 da 3000 cc, montato in posizione piatta per abbassare il baricentro.

Questo motore, pur non sempre vincente a causa dell’affidabilità, aveva ottime prestazioni pure, anche se più pesante e ingombrante rispetto ai V8 rivali.

Usato su monoposto leggendarie come la 312T di Niki Lauda e le successive evoluzioni fino alla 126C, è stato uno dei simboli della filosofia tecnica Ferrari: potenza, eleganza meccanica e motori da antologia.

La vera rivoluzione però arrivò con l’introduzione dei “motori turbo”, che usavano un meccanismo diverso per erogare la potenza massima.

Tra i più celebri e veloci ricordiamo soprattutto la Renault, che introdusse i primi propulsori 1.5 litri sovralimentati, V6 turbo, tra i più potenti dell’epoca.

Inoltre, in quegli anni era possibile cambiare più volte le componenti della monoposto, senza badare al budget cap. Nacquero così i “motori da qualifica”, ossia dei motori messi sin da subito a massimo regime per esprimere la velocità massima possibile durante il giro.

Le versioni da qualifica però erano progettate per durare appena pochi giri: erogavano oltre 1300 cavalli, ma erano così estremi che non potevano essere testati sui banchi a pieno regime, perché i motori da qualifica superavano la capacità massima dei banchi prova.

Si rompevano infatti prima ancora di essere misurati con precisione. Questi “mostri” erano letteralmente esplosivi e usavano miscele di carburanti personalizzate, ai limiti della legalità tecnica.

La successiva era motoristica e regolamentare della Formula 1 vide il passaggio ai V10 e poi ai V8, quindi con un numero sempre minore di cilindri.

Ci si potrebbe aspettare una diminuzione della velocità massima in Formula 1, ma così non è. Nonostante motori meno performanti, il grande progresso tecnologico permise agli ingegneri di costruire delle monoposto ancora più veloci.

L’elettronica iniziò comunque a essere limitata, con un minor numero di aiuti alla guida, ma con ancora abbastanza libertà ingegneristica.

Le velocità massime rimasero però molto elevate, soprattutto con assetti da basso carico in circuiti come Monza e Spa. Arrivò infatti il record ufficiale in gara di Juan Pablo Montoya con i suoi 372,6 km/h a Monza 2005, come detto in precedenza.

Furono inoltre raggiunte velocità medie sul giro da record, sempre a Monza tra il 2004 e il 2005, con valori oltre i 259 km/h.

Dal 2014 la Formula 1 inizia ad avere una nuova faccia. Dopo i limiti già imposti negli anni Duemila, i motori subiscono un depotenziamento, passando ai V6 e facendo nascere le moderne Power Unit.

Inizia infatti l’era ibrida, dove le vecchie unità aspirate lasciano spazio alle sofisticate power unit, composte da motori V6 turbo da 1.6 litri associati alle componenti elettriche MGU-K e MGU-H.

L’obiettivo era quello di ottenere una maggiore efficienza, quindi massima resa, meno spesa. Ma non solo questo: il 2014 portò vetture con più peso e caratterizzate da una riduzione della velocità massima pura. L’attenzione si sposta dalla potenza bruta alla gestione dell’energia, della temperatura e del carburante.

Tuttavia, ancora una volta, lo sviluppo tecnologico e l’introduzione di nuovi sistemi come il DRS portarono al celebre record di Valtteri Bottas a Baku nel 2016, che raggiunse i 378 km/h.

In generale, nell’era ibrida le monoposto sono più lente in rettilineo rispetto a quelle dei primi anni 2000, ma più performanti nel complesso grazie alla coppia istantanea dei motori elettrici e al carico aerodinamico.

La FIA però proseguì con la sua filosofia, promuovendo nuovi cicli regolamentari sia per esplorare tecniche innovative ma anche per rallentare le vetture. Per questioni di sicurezza, infatti, le monoposto della fine dello scorso decennio furono accantonate per reintrodurre “l’effetto suolo”.

Nascono dunque nuove soluzioni aerodinamiche e ali anteriori e posteriori meno complesse. Questo cambio diminuisce l’aria sporca e consente alle vetture di seguirsi più da vicino senza perdere troppo carico aerodinamico, almeno nelle previsioni.

Le modifiche del telaio e del flusso sotto la vettura hanno permesso di mantenere livelli accettabili di aderenza, con prestazioni più stabili in traiettoria, pur penalizzando leggermente le punte di velocità massima perché la scia turbolenta viene drasticamente ridotta.

Al termine della stagione 2025 vedremo un altro cambio regolamentare, con vetture più leggere e più piccole, motori più elettrici ma anche più costosi e complessi.

Dal 2026 le vetture impiegheranno ali anteriori e posteriori attive, con due modalità: Z-mode (alta deportanza) per le curve e X-mode (basso drag) per i rettilinei.

Ci sarà poi l’introduzione del sistema “Manual Override”, che permette una potenza extra dal MGU‑K fino a 337 km/h per agevolare i sorpassi, una sorta di DRS potenziato e automatizzato.

La FIA comunque assicura che, se le velocità dovessero superare livelli ritenuti insicuri, interverrà con limitazioni alle configurazioni a basso drag o sulla potenza elettrica distribuita, prevedendo di contenere eventuali aumenti a +/– 5 km/h rispetto all’attuale top speed.

Quindi risulta lecito chiedersi: saremo in grado di vedere una nuova velocità massima in Formula 1?

I tentativi falliti o non riconosciuti dalla FIA

Sono molti quelli che hanno effettivamente provato a portare queste monoposto a velocità fuori dalla nostra portata, ma spesso non tutto è andato per il verso giusto.

Abbiamo parlato dell’esperimento avvenuto con successo della Honda, ma non che in realtà, con la stessa monoposto, si raggiunsero i 413 km/h.

L’obiettivo fissato dal team era quello di portare a termine l’esperimento nel 2005, anno in cui iniziarono i primi studi. Il luogo scelto era il celebre Bonneville Salt Flats, sede storica dei record di velocità su auto.

Tuttavia, forti piogge allagarono ampie parti della salina, coprendo fino a un pollice d’acqua lungo le sette miglia del percorso. Questo rese impossibile tentare il record nei giorni previsti tra il 5 e l’8 ottobre 2005. Gil de Ferran, direttore sportivo BAR, dichiarò:

“Le avverse condizioni meteorologiche a Bonneville non ci hanno dato altra scelta se non quella di rinviare il programma dei test; eravamo pienamente preparati per questa eventualità.”

Così, incapace di correre su Bonneville, il team decise di trasferirsi all’Mojave Airfield in California. Durante i test preliminari nel deserto del Mojave, la monoposto raggiunse circa 413 km/h in una singola passata, ma la velocità registrata non fu considerata valida perché la FIA richiede la media tra due passaggi in direzioni opposte per convalidare il record.

Il giorno ufficiale, invece, Van der Merwe stabilì un nuovo primato F1 su superficie naturale con una velocità media di 397,360 km/h, ma comunque non ai livelli del test preliminare.

Quella velocità però il pilota la raggiunse, e dopo essere sceso dalla macchina rimase sbalordito:

“Sei circondato da un’immensa bianchezza e il tuo casco è come se venisse strappato dalla testa. Sapevano che era un’idea ridicola, che era quasi impossibile.”

“Questa prova è veramente molto impegnativa e non si tratta semplicemente di aprire il gas, di centrare l’obiettivo, e di rientrare a casa. Si deve lavorare molto per ogni miglio di velocità in più.

La velocità massima in Formula 1
Alan van der Merwe sulla BAR‑Honda RA106 modificata – La velocità massima in Formula 1

La velocità massima in Formula 1 se non ci fossero limiti

Abbiamo visto che le regole imposte dalla FIA limitano le monoposto, ma anche in test fuori dalla pista le velocità si aggirano intorno ai 400km/h anche per limiti fisici dei piloti stessi.

Ma quindi cosa accadrebbe se una monoposto di Formula 1 fosse svincolata da ogni vincolo regolamentare e non solo?

Questa domanda se la pose Adrian Newey, ex genio aerodinamico di Red Bull Racing attualmente impegnato nell’Aston Martin, e ne fece il punto di partenza per un progetto visionario, sviluppato con Kazunori Yamauchi, creatore del famoso videogioco Gran Turismo.

Nacque così la Red Bull X2010, inizialmente chiamata X1: un prototipo virtuale progettato per essere la vettura da corsa più veloce e performante di sempre. Non su una pista vera, ma dentro a un simulatore, con la precisione dei dati ingegneristici reali.

Concepita esclusivamente per il videogioco Gran Turismo 5 e successivamente anche pr Gran Turismo 6, la X2010 è stata disegnata per superare ogni limite fisico noto nel motorsport reale.

Si tratta di una vettura a ruote coperte, con soluzioni aerodinamiche radicali, tra cui un potente sistema di ventilazione a effetto suolo (“fan car”), simile a quello impiegato brevemente dalla Brabham BT46B nel 1978 reso illegale dalla FIA appena due gare dopo la sua introduzione.

Secondo la documentazione ufficiale del gioco e i designer stessi, le specifiche tecniche della Red Bull X2010 sono sbalorditive: il motore è V6 biturbo da 3,0 litri con iniezione diretta per una potenza pari a 1.483 cavalli.

La sua velocità massima può raggiungere i 500 km/h, a seconda dell’assetto e della scia con un’accelerazione da 0–100 km/h in circa 1,4 secondi e una forza G laterale che potrebbe causare danni seri ai piloti se fosse costruita nella realtà.

L’obiettivo era generare una deportanza costante, anche a basse velocità, rendendo possibile curve prese a velocità impensabili persino per una F1 moderna.

A testare la vettura per la prima volta nel gioco fu Sebastian Vettel, all’epoca pilota ufficiale Red Bull. Nel circuito virtuale di Suzuka, il quattro volte campione del mondo riuscì a completare un giro con oltre 20 secondi di vantaggio rispetto al miglior tempo di una vera Formula 1.

È un dato mostruoso: una F1 media gira a Suzuka in circa 1:30 – questo significa che la X2010 simulata girava vicino a 1:10 o meno, con velocità da jet in curva e trazione impossibile da replicare nella realtà.

Adrian Newey descrisse così la X2010:

“Se non ci fossero regolamenti, avremmo potuto costruire un’auto incredibilmente, oscenemente veloce in curva e in rettilineo…”

L’auto era la massima espressione di libertà progettuale, realizzabile solo in un contesto virtuale. Non a caso, non fu mai costruita in scala reale: sarebbe inguidabile nella realtà a causa delle forze G estreme, a cui nemmeno un astronauta ben addestrato riuscirebbe a resistere per più di qualche curva.

La velocità massima in Formula 1
Red Bull X2010, Concept Car progettata da Adrian Newey – Red Bull Content Pool

Il record mondiale di velocità su terra

La Formula 1, come qualsiasi altro motorsport, deve sottostare a delle regole precise, soprattutto per assicurare l’incolumità ai piloti.

Inoltre, non sempre gli ingegneri hanno la possibilità di utilizzare tutte le loro conoscenze o provare soluzioni tanto nuove quanto estreme, ma qualcuno l’ha fatto.

Per vedere il record mondiale di velocità su terra dobbiamo infatti uscire dal mondo della Formula 1 per arrivare in America con il ThrustSSC il 15 ottobre 1997.

In questa data storica infatti, il veicolo dotato di motore jet progettato e costruito da Richard Noble, Glynne Bowsher, Ron Ayers e Jeremy Bliss raggiunse la velocità di 1.227,99 km/h e divenne il primo veicolo terrestre, certificato, a superare la velocità del suono.

Il veicolo, guidato da Andy Green, aveva una lunghezza pari a 16,5 metri, largo 3,7 metri per un peso complessivo di 10,5 tonnellate. Era alimentato da due motori a reazione Rolls-Royce Spey e l’impresa si svolse nel Deserto Black Rock in Nevada.

Un risultato eccezionale e frutto di numerosi studi e soluzioni ingegneristiche all’avanguardia, tanto è vero che il ThrustSSC oggi è fermo al Coventry Transport Museum, a Coventry (Regno Unito), come testimonianza del record assoluto.

La velocità massima in Formula 1
Il ThrustSSC mentre stabiliva il record mondiale di velocità su terra – 15 ottobre 1997

Oltre la velocità massima in Formula: ciò che è stato e ciò che potrebbe essere

Nel corso della storia della Formula 1 e del motorsport in generale, la ricerca della velocità ha sempre rappresentato qualcosa di più di un semplice dato tecnico: è un’espressione di innovazione, coraggio e visione.

Dai record ufficiali stabiliti da piloti come Bottas o Montoya, ai tentativi visionari di prototipi come la Red Bull X2010 o le auto supersoniche, il desiderio di spingersi oltre ha portato ingegneri e team a superare limiti che sembravano invalicabili.

La velocità massima in Formula 1 è solo una piccola parte del contesto, dettato dalla tecnologia e dalle regole sia imposte ma tante volte della fisica.

E anche quando si abbandonano i vincoli, come nel caso dei progetti virtuali, resta sempre la voglia di rompere di nuovo la barriera del record, per siglare un altro e un altro ancora.