La F1, si sa, va veloce più del vento, e per stare al passo non basta certo un pilota e una vettura in pista. Negli ultimi anni, con l’avvento delle nuove tecnologie e dei nuovi sviluppi, si è consolidato il concetto del simulatore, in parallelo a quello dei sim-racer.
Il simulatore – quello usato dalle squadre di Formula 1 – è un sistema in grado di riprodurre in modo estremamente realistico le sensazioni trasmesse dalla monoposto, in maniera virtuale. I piloti possono usarlo per prendere confidenza con una nuova vettura o con un nuovo tracciato, prima di andare in pista nei weekend di gara veri e propri.
Un simulatore è anche un banco di prova virtuale, dove è possibile testare aggiornamenti aerodinamici, assetti meccanici, sospensioni, carichi aerodinamici, configurazioni motore e molto altro, senza “sprecare” il poco tempo a disposizione in pista.
Tutti i team di Formula 1 adottano questa prassi da anni: un componente viene prima modellato virtualmente e testato al simulatore, per poi essere prodotto nella realtà in caso di esito positivo delle prove.
Affinché un simulatore possa dirsi efficiente, è necessario verificarne la correlazione dei dati con quelli raccolti in pista. È questo uno dei temi più discussi nella F1 moderna, e in particolare con l’attuale generazione di vetture ad effetto suolo.
Come accennato in precedenza, i team fanno praticamente completo affidamento ai dati del simulatore prima di omologare e produrre un aggiornamento tecnico, o anche un’intera vettura. Pezzi prodotti in base a dati non corrispondenti a quelli reali portano inevitabilmente a comportamenti diversi da quelli attesi, spesso controproducenti per la competitività della vettura.
La McLaren, ad esempio, ha fatto della correlazione dati il proprio punto di forza negli ultimi anni. Il team di Woking porta raramente importanti pacchetti di aggiornamenti, al contrario di altre squadre. Quando lo fa, però, sembra ottenere sempre i risultati attesi.
Non è un caso dunque che sia la MCL39 a dominare in questo 2025, con entrambi i campionati praticamente in tasca nonostante le 10 gare al termine della stagione.
Dallo schermo alla pista: come Leclerc e Hamilton vivono il simulatore
L’utilizzo del simulatore in Formula 1 è una pratica ancora relativamente nuova, ed ogni pilota ha il proprio personale punto di vista in merito.
“Il nostro simulatore si muove in tutti i modi per provare a riprodurre le forze G, ma sei solo a correre, quindi non puoi riprodurre una gara”, ha detto Charles Leclerc, intervistato a riguardo. “Ti dà il feeling di ciò che gli ingegneri sono riusciti a riprodurre, molto vicino a quello che troveremo in pista”.
Il pilota monegasco è però convinto che il simulatore non possa riprodurre al 100% le sensazioni della pista: “Quello che il simulatore non ti dà – e che penso non ti darà mai – è l’adrenalina pura. Perché sai che sei in un simulatore: vai a muro, c’è il pulsante di restart e ricominci da capo”.
“Abbiamo una grande piattaforma che riproduce le forze G. In una monoposto di Formula 1, quando giri a sinistra le forze G restano fino a quando non smetti di ruotare il volante.
Su una piattaforma, invece, è tutt’altra cosa. Noi, per preparare un weekend, facciamo 3 giorni in un’auto reale e poi tutto il resto si basa sul simulatore”.

Di tutt’altra scuola di pensiero è il 7 volte campione del mondo Lewis Hamilton, che già ai tempi della Mercedes non digeriva il simulatore:
“Il movimento dei simulatori non è mai perfetto, è difficile adattarsi a questa differenza dalla realtà. Le sensazioni e i movimenti percepiti sono diversi da quelli provati in pista”, ha detto in merito.
Max Verstappen, allenamento infinito anche sul simulatore
Max Verstappen è il sim-racer per eccellenza, tra i piloti presenti in griglia. Le ore passate in live e non solo con il suo team RedLine sono la testimonianza della passione per le corse dell’olandese, anche nella sfera virtuale.
“È esattamente come nella vita reale. Ti basi su un radar – per valutare e prevedere la pioggia – e sulle tue sensazioni mentre guidi. Per me è utile al 90-95%, ma quel 5% che manca è la mancanza di essere allacciato in macchina e sentire le vere forze G”.
Negli anni, Max ha costruito un rapporto di grande fiducia coi membri del proprio team. Alcuni di loro sono addirittura stati scelti per correre nel team Verstappen.com, dello stesso olandese. La squadra debutta quest’anno nel GT World Challenge Europe con l’Aston Martin Vantage GT3 AMR Evo.
Altro pilota particolarmente attivo nel virtuale è Gabriel Bortoleto. Il brasiliano ha costruito un rapporto d’amicizia con lo stesso Verstappen proprio grazie al mondo dei simulatori.

Restando in tema Red Bull, c’è un altro episodio – abbastanza recente peraltro – indicativo in merito all’importanza del simulatore nella F1 moderna.
Il protagonista è Rudy Van Buren, uomo “di fiducia” di Verstappen nonché membro del team Redline. È stato lui a rivoluzionare il setup della Red Bull tra il venerdì e il sabato del weekend di Suzuka quest’anno.
Il risultato? pole e vittoria per Verstappen, nonostante la chiara inferiorità tecnica della RB21 rispetto alla McLaren.
“Rudy, come altri piloti provenienti dai simulatori, ha una grande sensibilità – dalla regolazione più piccola alla più folle. Anche quando vado al simulatore per alcune sessioni, Rudy fa il lavoro di preparazione e posso dedicarmi solo agli ultimi dettagli”, aveva detto in merito Verstappen.
Verstappen all’esterno a Blanchimont: il sorpasso che passò alla storia
Chiudiamo con un altro episodio curioso relativo – tanto per cambiare – a Max Verstappen. Alla sua prima gara in Belgio, nel 2015, l’olandese compì una magia passando Felipe Nasr all’esterno a Blanchimont, alla guida della Toro Rosso.
“L’abbiamo provato sul simulatore. Nel reale, l’auto si muoveva di più. Helmut mi disse: non farlo mai più. Adesso capisco il perché… all’epoca avevo 17 anni e pensavo: ci provo. Molto probabilmente non lo rifarei oggi”, aveva detto Max.










